Consulenze Immobiliari - RISOLUZIONE AUTOMATICA DELLA LOCAZIONE COMMERCIALE IN CASO DI MOROSITA'

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RISOLUZIONE AUTOMATICA DELLA LOCAZIONE COMMERCIALE IN CASO DI MOROSITA'

Il pagamento del canone 
Nel diritto codificato, in base all'art. 1571 c.c., la locazione è il contratto con quale una parte (locatore) si obbliga a far godere all'altra (conduttore) una cosa mobile od immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo. In altri termini, come risulta dalla norma definitoria del citato art. 1571 c.c., occorre, per qualificare come locazione un diritto personale di godimento, che a fronte della prestazione del concedente vi sia la previsione di un corrispettivo gravante sul concessionario. Nell'ambito della legislazione speciale, invece, - le locazioni abitative disciplinate ai sensi degli artt. da 1 a 5 della l. n. 431/1998 e le locazioni ad uso diverso disciplinate dagli artt. da 27 a 42 della l. n. 392/1978 - l'originaria determinazione del canone è libera. Per l'abitativo fanno eccezione le c.d. locazioni convenzionate, studentesche universitarie e transitorie. Queste ultime devono, infatti, applicare il canone di locazione previsto negli accordi territoriali fra le associazioni degli inquilini e della proprietà edilizia. Fermo ciò, attesa l'importanza del canone nell'ambito del rapporto che le parti pongono in essere, vale la pena prendere in considerazione quanto segue. Il canone rappresenta l'interesse remunerativo dell'investimento immobiliare. Ciò insieme all'altro importante aspetto costituito dall'incremento di valore dello stesso. Da questo insieme, rilevante costituzionalmente, si ottiene una rendita e il mantenimento della ricchezza rispetto ai fenomeni erosivi scaturiti dall'inflazione, e più in generale, dalla perdita di valore della moneta. Va considerato che tale binomio rappresenta una delle forme più antiche e tradizionali per tutelare il risparmio e la ricchezza.

La risoluzione per morosità nelle locazioni ad uso diverso dall'abitativo 
Le disposizioni del codice civile riguardanti la morosità del conduttore e le sue conseguenze si applicano ai rapporti di locazione di immobili a uso diverso da quello abitativo e ai rapporti di locazione di immobili sottratti alla legislazione speciale. Il criterio di valutazione adottato si ispira pertanto al principio stabilito dall'art. 1455 c.c., per il quale l'inadempimento di una delle parti del contratto, per giustificare la risoluzione, non deve avere scarsa importanza "avuto riguardo all'interesse dell'altra".

La clausola risolutiva espressa 
La clausola risolutiva espressa è la pattuizione delle parti di un contratto, che assumono un determinato adempimento, venendo meno il quale, il contratto stesso si risolve. È disciplinata dall'art. 1456 c.c., secondo cui il contratto si risolve se una determinata obbligazione non viene effettuata in base alle modalità stabilite. In questo caso, la risoluzione avviene di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che vuole valersi della clausola risolutiva. Con la previsione in contratto della clausola risolutiva espressa l'intento delle parti è soltanto quello di sostituire il proprio sovrano apprezzamento a quello del giudice sull'opportunità della risoluzione: il contratto è risolto quando il creditore deluso dichiara all'inadempiente la di lui mancata ottemperanza all'obbligazione dedotta in contratto e la propria intenzione di avvalersi della clausola, al punto da rendere superflua ogni valutazione del giudice circa la gravità dell'inadempimento, poiché è dalla parte adempiente che dipende la risoluzione del contratto. È infatti, questa che può decidere se, nonostante l'inadempimento del debitore, egli mantenga un interesse all'adempimento dell'obbligazione: si deve pertanto dire che, nonostante l'inadempimento, la risoluzione si verifica soltanto se così vuole il creditore. Quanto ai presupposti per la risoluzione, in presenza della clausola risolutiva espressa, una volta richiestane l'applicazione dalla parte adempiente, a nulla rileva la gravità o meno dell'inadempienza perché essa opera di diritto, sempre che ne sussistano i presupposti, vale a dire l'esatta specificazione della prestazione, la cui mancata esecuzione può dare luogo alla risoluzione, e la precisa volontà di fare operare la risoluzione non già in conseguenza del provvedimento del giudice adito, ma dalla volontà del creditore.