Consulenze Immobiliari - USO PROMISCUO DELL'IMMOBILE LOCATO IN SPREGIO ALLE PREVISIONI CONTRATTUALI

Consulenze locazioni immobiliari

  • mail@consulenzelocazioniimmobiliari.it
  • 328 9818174

USO PROMISCUO DELL'IMMOBILE LOCATO IN SPREGIO ALLE PREVISIONI CONTRATTUALI

Locazione a uso promiscuo
E' il caso ipotetico in cui un unico immobile è locato per molteplici utilizzi, vale a dire una porzione usata a fini abitativa e la restante a uso differente, senza tuttavia la possibilità di dividerle materialmente, oppure è l'ipotesi in cui il conduttore lavora nello stesso alloggio dove vive. Detto ciò, in mancanza di una disposizione espressa, nella l. n. 392/1978, così come nella l. n. 431/1998, dell'ipotesi di locazione di immobile destinato a uso promiscuo, nulla impedisce ai contraenti di concordare la destinazione a più utilizzi dell'immobile locato. La diversità della disciplina prevista dal legislatore a seconda della diversa destinazione dell'immobile implica, tuttavia, la necessità di decidere, riferendosi a questo genere di locazioni, quale sia il regime giuridico di fatto applicabile. Su questo punto si è confrontata la magistratura (sia di legittimità che di merito), arrivando alla conclusione per cui può farsi applicazione analogica del principio dell'uso "prevalente" stabilito dall'art. 80, comma 2, della l. n. 392/1978 - non abrogato dalla novella del 1998 - secondo cui l'intero rapporto è assoggettato al regime giuridico previsto per la destinazione preminente, anche se le soluzioni contrastano allorché tale principio viene applicato alle singole fattispecie sottoposte all'esame di giudici. A tal proposito si è più volte affermato che rientra nella disponibilità delle parti - e non incorre nella nullità assoluta di cui all'art. 79 della l. n. 392/1978 - decidere quale debba concretamente essere la destinazione da dare all'immobile locato (Cass. III, n. 20331/2006). Come nell'uso abitativo non contrasta con la suddetta norma l'espressa previsione che si debba usufruire dell'immobile non a dimora stabile del conduttore ma per la realizzazione di altre sue esigenze di natura turistica o transitoria, così nell'uso non abitativo è consentito ai contraenti di escludere la possibilità di utilizzare l'immobile locato come luogo aperto al pubblico degli utenti e dei consumatori. 

II mutamento del regime giuridico 
Le disposizioni della legge sull'equo canone stabiliscono che, se l'immobile è adibito dal conduttore a un utilizzo differente da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi da quando ne ha avuto conoscenza e comunque entro un anno dal cambiamento di destinazione. Scaduto questo termine senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto verrà applicato il regime giuridico che corrisponde all'utilizzo effettivo dell'immobile. Se la destinazione a utilizzo differente da quello pattuito è parziale, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all'uso prevalente. Pertanto, l'art. 80 della l. n. 392/1978 va interpretato nel senso che la norma va applicata quando il cambio di utilizzo rimanda all'applicazione di un differente regime giuridico.
Come sostenuto in giurisprudenza, a questo punto l'utilizzo diverso da quello contrattualmente stabilito non va individuato unicamente nella generale dicotomia di utilizzo abitativo e non abitativo che, benché costituisca la più macroscopica ipotesi di utilizzo differente da quello pattuito, non ne esaurisce l'intera gamma, ma nel mutamento di regime giuridico. Non, dunque, qualunque modifica della destinazione dell'immobile è rilevante ai sensi dell'art. 80, ma soltanto quella legata a una differente disciplina normativa (Cass. III, n. 2962/1996). La norma trova perciò applicazione anche qualora il contratto originario prevedesse un utilizzo non annoverato dalla legge dell'equo canone e il successivo mutamento dia luogo all'adibizione ad un utilizzo che essa contempla(Cass. III, n. 1684/1989; Cass. III, n. 3310/1989).

Locazioni caratterizzate dalla pluralità dei rapporti 
A questa tematica non appartengono i casi di locazione di immobili apparentemente unici, ma composti in realtà di più locali funzionalmente autonomi e, quindi, finalizzati a utilizzi tra loro differenti - ad esempio, locali con servizi e ingressi indipendenti - con riferimento ai quali si parla, più precisamente, di locazioni a uso plurimo, contraddistinte dalla molteplicità dei rapporti, ognuno dei quali segue la propria normativa, e ugualmente dicasi nel caso del proprietario di due distinte unità immobiliari situate nello stesso palazzo, entrambe locate al medesimo soggetto, ma di cui una sia ad uso abitativo e l'altra non lo sia, essendo due rapporti separati, ognuno soggetto alla propria specifica disciplina. Nello stabilire la prevalenza, l'interprete deve primariamente tenere in considerazione la volontà delle parti e, se tale indagine ermeneutica non porti a un risultato positivo, restando incerto quale, tra gli utilizzi permessi, le parti abbiano deciso come prevalente, va analizzato l'utilizzo "effettivo" prevalente.