Consulenze Immobiliari - CESSAZIONE DI IMMISSIONI DI FUMO O DI ODORI INTOLLERABILI

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CESSAZIONE DI IMMISSIONI DI FUMO O DI ODORI INTOLLERABILI

I doveri del conduttore
Il conduttore, secondo quanto disposto dall'art. 1587 c.c., non soltanto deve dare il corrispettivo nei termini convenuti, ma deve altresì prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nell'utilizzarla per l'uso stabilito nel contratto oppure per l'utilizzo altrimenti presumibile dalle circostanze. Il conduttore di un'unità immobiliare appartenente a un edificio condominiale deve, in particolare, utilizzare la cosa locata da buon padre di famiglia e conservare integri gli elementi di godimento, non deve cambiare la forma oppure eccedere nel godimento concesso e deve rispettare le norme previste dal regolamento, anche qualora nel contratto non fosse prevista alcuna precisa clausola in tal senso. La diligenza del buon padre di famiglia va considerata in base all'id quod plerumque accidit e non può dirsi che venga meno soltanto perché chi ha assunto l'obbligazione non si tuteli contro un evento non previsto che poi renda impossibile la prestazione. La comune diligenza del buon padre di famiglia non impone la previsione di ogni e qualunque lontana possibilità impeditiva, ma unicamente gli avvenimenti propri della vita normale, così come si svolge comunemente. Il diritto di godimento del conduttore non è, pertanto, illimitato, ma va esercitato nei limiti dell'ambito delle singole e specifiche facoltà che risultano espressamente dalle condizioni pattizie o che, comunque, si desumono, altresì indirettamente, dalle circostanze presenti quando si stipula la convenzione contrattuale (Cass. III, n. 10838/2007). Sicché, in sostanza, può concludersi nel senso che la norma è finalizzata ad evitare qualsiasi forma di abuso da parte del conduttore nel godimento della cosa locata (Cass. III, n. 17066/2014). Avviene lo stesso anche nel caso in cui le immissioni pregiudizievoli (di rumore o di odori che siano) per la collettività siano causate non dal proprietario dell'unità immobiliare posta nell'edificio, ma da colui che la occupa in forza di un contratto di locazione. Ciò significa che, se egli vìola i limiti di tollerabilità stabiliti dalla legge o i divieti previsti dal regolamento in ordine all'uso dell'immobile, chi subisce il danno può giudizialmente agire nei suoi diretti confronti per porre fine all'utilizzo illegittimo e per ottenere l'osservanza in forma specifica di quanto previsto dalle norme di legge o del regolamento violate. Può, pertanto, proporre un'azione indirizzata all'inibizione della condotta considerata pregiudizievole per la tranquillità delle persone o imporgli di utilizzare il bene locatogli seguendo le modalità indicate nel regolamento. 

Le immissioni intollerabili
Le immissioni possono essere sopportate fino al limite della tollerabilità. Oltrepassato quest'ultimo, la legge permette di porvi rimedio mediante la specifica disciplina indicata dall'art. 844 c.c. che lascia all'interprete la verifica in concreto, con riguardo a ogni circostanza del caso se le immissioni vadano o meno ritenute intollerabili. Il legislatore non sanziona, infatti, ogni  forma di immissione (olfattiva, vibrazionale, sonora, ecc.), ma soltanto quelle che, considerati ogni elemento e peculiarità specifica che diversifica ogni caso, superino la normale tollerabilità. Questa valutazione non ha carattere assoluto ma è connessa alla situazione ambientale che si verifica in concreto, che muta da luogo a luogo in base alle caratteristiche della zona e alle abitudini degli abitanti. Il giudice deve accertarsi in concreto se vi sia il superamento della normale tollerabilità, avvalendosi di ogni elemento di prova, comprese le presunzioni o le prove testimoniali o, in alternativa, tramite l'espletamento di prove tecniche (App. Palermo 3 ottobre 2019, n. 1946). La disciplina delle immissioni di fumi, odori e rumori riguarda la tutela di una ben precisa posizione giuridica soggettiva ed esattamente la tutela della salute psichica e fisica propria e dei familiari conviventi. La costante giurisprudenza della Suprema Corte riconosce l'esistenza di un diritto alla salute, da intendersi come diritto soggettivo assoluto che riguarda la personalità dell'individuo e che si fonda sull'art. 32 Cost. (Cass. S.U., n. 10816/1998; Cass. III, n. 3223/1995; Cass. S.U., n. 4263/1985,  Cass. II,  n. 31674/1975).

La tutela dei terzi e l'eliminazione delle immissioni 
L'azione indirizzata a eliminare le immissioni nocive lamentate ex art. 844 c.c. o a risarcire i danni che ne conseguono attiene a un illecito extracontrattuale, rispetto al quale legittimati passivi sono gli autori delle immissioni. L'azione inibitoria di cui all'art. 844 c.c. non ha, infatti, unicamente natura reale, rientrando nello schema della negatoria servitutis, ma ha altresì natura personale, poiché orientata a respingere turbative o molestie di fatto. Pertanto, la proposizione della relativa domanda, se diretta solo al conseguimento di provvedimenti risarcitori e inibitori, e non anche all'emissione di statuizioni restitutorie che comportano interventi diretti sull'immobile, implica la legittimazione passiva anche o soltanto dei soggetti titolari di diritti reali di godimento sull'immobile. Sulla scorta dell'accertamento del superamento della soglia della normale tollerabilità di cui all'art. 844 c.c., va riconosciuto il danno da immissioni, con la conseguenza che deve essere escluso, nella sua liquidazione, ogni criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'utilizzo, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno causato a terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni di cui all'art. 2043 c.c. e, specificamente per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell'art. 2059 c.c. (Trib. Napoli 21 maggio 2019, n. 5254). Su questo ultimo aspetto, in fatto di immissione di rumori molesti, è risarcibile il danno non patrimoniale anche se non provato quando comporta una lesione del diritto alla piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiana e del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti (App Messina 15 gennaio 2021, n.28).